Ravenna, 18 giugno 2020 – Dall’indagine Promosagri emerge che il supporto di strumenti di tecnologia avanzata per la gestione idrica darebbe una nuova chance al comparto, per migliorare la situazione produttiva e investire su colture orticole di maggior pregio
Sono stati presentati questo pomeriggio nel corso di un webinar organizzato da Promosagri – Cooperative Agricole Braccianti di Ravenna i primi risultati del Progetto europeo AGROWETLANDS II.
Lanciato ufficialmente nell’autunno 2016, il progetto coordinato dall’Università di Bologna e cofinanziato dal programma LIFE 2014-2020 si propone di realizzare un sistema innovativo e di facile utilizzo per la corretta gestione dell’irrigazione attraverso uno strumento di Precision Farming, SMART AGROWETLANDS, da introdurre in agro-ecosistemi di aree umide mediterranee particolarmente esposte al depauperamento del suolo a causa della salinizzazione.
Nell’ambito di AGROWETLANDS II, Promosagri ha il compito di valutare l’impatto socio-economico di soluzioni adeguate per i conduttori di fondi agricoli soggetti a tale problema.
“Negli ultimi anni in provincia di Ravenna si sono verificati danni da salinità probabilmente legati ad attività antropiche che hanno inquinato le acque irrigue di canali, con conseguenze importanti su colture arboree e di pregio quali bietole da seme e pomodoro”, spiega il direttore di Promosagri Massimo Bondi.
Sulla base dei risultati emersi da questionari specifici somministrati da Promosagri a 25 aziende rappresentative del territorio, è chiara l’influenza della salinità del suolo sulle scelte colturali dei produttori: “Nelle aree caratterizzate da questo fenomeno – spiega Bondi – viene privilegiata la coltivazione di cereali a semina primaverile (44,5%), di cereali autunno vernini (24,56%) e colture foraggere (22,08%). Le leguminose rappresentano l’8,36% dei terreni mentre solo una piccola percentuale riguarda colture più particolari, della categoria ‘orticole tolleranti la salinità’ quali salicornia, cardo e salsola soda. Tuttavia – continua – alla domanda su quale coltivazione verrebbe privilegiata se si potessero arginare i problemi legati alla salinità, circa il 60% degli intervistati opterebbe per la coltivazione di orticole; di questi il 72% prediligerebbe in egual modo pomodoro e pisello; il 18% fagiolini e spinaci e il 9% impianterebbe un vigneto”.
Il controllo della salinità darebbe dunque la possibilità di introdurre colture più redditizie: a questo proposito il 71% degli intervistati stima una potenziale crescita della Produzione Lorda Vendibile (PLV) tra il 10% e il 30%, il 5,9% ritiene che l’incremento potrebbe essere tra il 30% e il 50% mentre solo il 23,5% limita l’aumento di rendimento ad un massimo del 10%.
Nonostante siano emersi due esempi interessanti di aziende che hanno fatto della salinità del suolo un valore aggiunto per le loro produzioni, come la realtà che ha trovato nei terreni sabbiosi di natura marina le condizioni ottimali per la produzione del cardo, in generale si tratta di un problema e che merita di essere studiato in modo approfondito per individuare tecniche/sistemi di coltivazione idonei.
Conclude così Bondi: “Non è un caso se le aziende più evolute e ambiziose si sono mostrate disponibili nel collaborare a ulteriori ricerche anche investendo risorse proprie. Questo ci deve far riflettere e agire di conseguenza lavorando insieme affinché il tema della salvaguardia della produttività in questa tipologia di terreno sia integrato nei Focus Area previsti dal PSR (Piano di Sviluppo Rurale dell’Emilia-Romagna)”.